Vi è mai capitato di pensare a cosa possa essere veramente la felicità? Cerchiamo sempre di dare delle definizioni più o meno vaghe, leggiamo libri di studiosi che hanno espresso il loro pensiero su questo argomento e andiamo cosi alla ricerca frenetica, come quando abbiamo perso qualcosa di speciale e importante, nel tentativo di scoprire il significato di questa parola, che per molti può sembrare astratta, e addirittura alcuni non la considerano nemmeno. Invece io penso che la risposta sulla vera essenza di questa parola, o direi meglio di questa eterna emozione, è nella vita quotidiana, è nella semplicità, ma soprattutto nella spontaneità.
La felicità bussa sempre alle porte del nostro cuore, sta a noi azionare i canali giusti, sta a noi sbloccare i limiti del nostro cuore, “sta a noi togliere la password di accesso al mondo delle emozioni”. Sembra un’impresa impossibile, è vero, ce ne rendiamo conto, perché il più delle volte è la paura che frena ogni nostra volontà di poter dire almeno una volta: Io sono Felice. E cosi ci chiudiamo in noi stessi, diventiamo quasi di ghiaccio, impassibili a ogni mutamento, e indossiamo cosi quella “Maschera Metaforica”, che ci fa apparire per quello che noi non siamo veramente, come attori di una commedia da quattro soldi.
Questo perché l’uomo, nel suo pieno egoismo, pensa che la felicità debba essere una costante eterna. Magari aggiungerei, sarebbe troppo facile e anche troppo bello, ma così facendo l’uomo perderebbe anche il piacere di rischiare qualcosa e di mettersi in gioco per poi raggiungere un’emozione di felicità che appagherebbe cosi di tutti i sacrifici. Invece siamo noi, che dobbiamo pensare sempre alla felicità, dobbiamo cercarla, dobbiamo anche spiarla e essere veloci nell’afferrarla al volo, quando lei accenna a uscire allo scoperto.
Essa però parte dalle cose più semplici, da quelle che sono alla vista dei nostri occhi, solo che non ci concentriamo pienamente, e quindi il più delle volte, le lasciamo sfuggire. E perdiamo cosi quell’attimo che potrebbe colmare un vuoto nel nostro cuore. Pensiamo alla luce del sole che sfiora le foglie degli alberi e crea così un mix armonico di colori o il volo degli uccelli che disegnano nel cielo quadri d’amore, cuccioli che si rincorrono scambiandosi sguardi di tenerezza infinita, il sorriso di un bambino appena sveglio che chiama con la sua voce bianca il nome della sua mamma, e potrei continuare all’infinito, perché è proprio nella semplicità delle cose che noi possiamo riscoprire la bellezza e la dolcezza del mondo delle emozioni, perché alla fine sono esse che regalano tele di felicità al museo della nostra vita.
Tanto tempo fa, mi è capitato uno di quegli avvenimenti, che ti fanno riflettere su tanti interrogativi, che mettono in moto il tuo cervello e ti fanno capire che forse a volte perdiamo troppo tempo a rincorrere chissà quale pretesa d’emozione, e non siamo mai contenti di ciò che la vita ogni giorno ci regala in semplicità, perché già il fatto stesso che ogni mattina apriamo gli occhi e mettiamo i piedi per terra pronti ad affrontare un ennesimo viaggio nel cammino del cuore è un puro e gioioso atto di felicità.
Passeggiando sul lungo mare della costa, un giorno decisi di farmi accarezzare da tutta la natura intorno a me. Dopo aver staccato dal lavoro sentivo l’esigenza di colorare il mio animo di spontaneità.
Con la musica a fare da sottofondo mi soffermavo su tutto ciò che di più semplice la vita mi stava regalando in quel momento. Ascoltavo una canzone in particolare, “The sound of silence” in versione flauto di pan, che nella sua armonia lenta ma intensa mi dava la possibilità di aprire i canali del mio cuore. E cosi nel mio vagare fotografavo con il mio cuore la felicità. Una coppia che passeggiava mano nella mano guardandosi con gli occhi dell’amore, un ragazzo che con spavalderia raccontava chissà quali storie per fare colpo su una ragazza, un anziano, che nonostante l’età, in tuta e jeans era pronto a fare footing, e che a ogni mio passaggio di corsa mi saluta con un sorriso che vale più di mille parole. In quell’istante però la mia vista cadde su una ragazza che correva con una piccola in braccio.
Fu un’emozione unica, perché le due figure femminili, con i loro sorrisi disegnavano delle linee invisibili di felicità, percepibili solo agli occhi di chi ha un cuore che non ha chiavi di sicurezza o di accesso negato. I loro occhi si incrociavano in mille attimi di gioia, ad ogni sorriso l’anima dell’altra rispondeva, sembrava una combinazione magica, e invece era la perfetta sincronizzazione dell’amore. Quella piccola poi, regalava al mondo attimi di emozioni uniche, quando con il suo piccolo dito indicava un piccolo gattino, e poi un uccellino, e poi ancora un piccolo cucciolo di cagnolino. Erano frazioni di secondi, di millesimi di secondi, ma erano lampi di gioia e semplice felicità, tutti in un attimo, e la ragazza era lì, sempre pronta a ogni piccolo spostamento, a ogni leggera sfumatura, a ogni piccolo particolare, e tutto questo vortice emozionale si racchiuse in un abbraccio tra le due, dipinto cosi nell’immagine dell’amore vero tra madre e figlia.
Passai accanto ad essa, e la bimba fece subito un sorriso, e subito con la sua piccola vocina disse “bau bau”, indicando il piccolo cucciolo di cane. Fu un’emozione unica. Non conoscevo la bambina, né la ragazza, ma mi fermai lo stesso, salutai la bimba, che con la sua manina piccola sfiorò la mia. Non capii subito cosa volesse dirmi, e lo sguardo incredulo della ragazza che assisteva alla scena. Io presi cosi la mano della piccola e insieme cominciammo a dire “bau bau”.
Non pensai a nulla in quel momento, né alla gente che poteva pensare “guarda che scemo”, ma non mi importava nulla, perché quella bimba mi aveva regalato un attimo di felicità immensa. La presi in braccio, e la diedi cosi alla ragazza, che mi disse: “è molto strano sai, non fa cosi con nessuno.” E tutto si chiuse con un sorriso. E una risata spontanea. Mi scusai dell’intraprendenza, però lei mi disse che non c’era nessun problema. La salutai, salutai la bimba che mi sorrise, e continuai il mio viaggio. Per tutta la sera ripensai a quell’emozione, e fui sempre più convinto di una cosa: “Se ti lasci trasportare dal mondo dell’emozioni, se ti lasci guidare dall’istinto, se non poni limiti ai canali del tuo cuore, riesci a capire che forse la vera felicità sta nelle piccole cose, nella spontaneità di tutti i giorni, e non deve essere per forza nostra, perché è anche bello essere felici della felicità altrui. Basta davvero poco, basta azionare il tasto “Start in Emotion” e parte cosi la musica più bella dei nostri cuori che non smetteresti mai di ascoltare”